Morningstar Investor - Luglio/Agosto 2011 - (Page 13)
Gli Scenari
Italia e Spagna non sono “veri” Piigs
Di Claudia Segre
L’Europa è a più velocità. La Germania cresce, Irlanda e Portogallo provano a risanare, la Grecia cerca un’ancora. Roma e Madrid sono un po’ meno periferici. Un’analisi comparata del debito sovrano.
Solo un anno fa, e nello stesso periodo, la Germania con una certa riluttanza accettava il bailout greco per 110 miliardi di euro, al quale è seguito quello irlandese e non ultimo l’intervento sul Portogallo, per un pacchetto di 78 miliardi di euro. L’evidenza data dai livelli dei Cds periferici nei confronti dei Paesi core europei, da un lato, e la differente situazione economica di Italia e Spagna che si sono distanziati dai Paesi Gip (Grecia Irlanda e Portogallo), dall’altro, hanno sostanzialmente ridisegnato un panorama europeo a tre livelli dove il grado di indebitamento governativo viaggia mediamente tra il 90 ed il 100% del Pil ben distante dal parametro di Maastricht fissato al 60%. Per Irlanda e Portogallo il focus resta sul ridimensionamento del deficit fiscale e la ricapitalizzazione delle banche per aumentare il loro Tier1 ad un livello di sicurezza del 10% entro il 2012 mentre sulla Grecia si intensificano gli incontri ed i rumour su un processo di ristrutturazione del debito, piuttosto che di allungamento delle scadenze del debito e/o di un nuovo pacchetto a sostegno da parte dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale. Chiaramente di fronte ad una crisi strutturale con effetti globali la situazione europea non è peggiore di quella Usa ed anzi occorre sottolineare come l’impegno sulla governance sia forte come dimostrano i tavoli su Basilea3, Solvency II ed altrettanto sugli attesi stress test sulle banche, tesi a creare un impianto di regole più solido e credibile anche e soprattutto a livello di autorità di mercato. Molto resta ancora da fare soprattutto per evitare certe code speculative, come sui CDS sovrani naked, dove la Direttiva tanto agognata langue, mentre di fronte ad una crescente volatilità sul mercato dei cambi e soprattutto sull’eur/usd è il comparto dei crediti e quindi soprattutto dei corporate bond europei ad uscire vincente, dopo un’adeguata attività di rifinanziamento sul mercato che continua ad attrarre grande interesse sulle nuove emissioni obbligazionarie nonché in attività di M&A ed Ipo. Alto debito e bassa crescita La ripresa dello scorso anno è stata dettata dalle forti misure di politica monetaria altamente espansionistica con un livello dei tassi estremamente basso che si è protratto per un lungo periodo di tempo in tutte le economie avanzate. Quest’anno però siamo di fronte a dati di crescita economica inferiori al 2010 e così i deficit pubblici e le strette fiscali in Europa stanno influendo sul passo della ripresa, nonostante il consolidamento dell’euro oltre la soglia di 1.40 e lontano dai minimi del 2010. Con l’Eurozona che resta sotto pressione tra alto debito e bassa crescita, solo la Germania è riuscita a riprendere il cammino della crescita sin dalla scorsa estate dimostrando anche un irrobustimento del mondo del lavoro. La crescita dell’Ue mostra velocità diverse e per alcuni Paesi gli effetti della crisi immobiliare e della disoccupazione si fanno ancora sentire come in Spagna e Danimarca. E se la Francia fa della Riforma sulla sanità pubblica e per il ridimensionamento del deficit fiscale una bandiera, restano perplessità sul sistema bancario inglese ove i timori inflazionistici unitamente all’ingente deficit rappresentano un’incognita per i Gilts e per un Pil deludente allo 0.5% nel primo trimestre. La proiezione dei grafici sottostanti (figura 1) non lascia certo spazio a dubbi sulla direzione di questo 2011. Inevitabilmente gli spread come si diceva restano sotto pressione a causa di un rischio idiosincratico evidente e l’analisi del Fondo monetario internazionale sulle determinanti dei livelli dei Cds sovrani sottolinea la dipendenza degli spread al deficit di parte corrente e all’aggiustamento fiscale richiesto per la stabilizzazione economica dei Paesi più esposti (Spagna, Francia, Inghilterra). Il paradosso è che gli aggiustamenti necessari in questo momento creerebbero i presupposti per una stretta generalizzata quindi il male minore sarebbe lasciare spazio ad un impeto di inflazione monetaria per ridurre il differenziale tra il costo nominale del debito ed il tasso di sviluppo/
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