Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio 2012 - (Page 21)

L’Intervista 5 domane a Pierpaolo Benigno (economista) Di Valerio Baselli La Cina e gli Stati Uniti si contendono la supremazia economica nel nuovo millenio, ma nonostante questa rivalità i loro destini dipendono l’uno dall’altro. Non è infatti un caso che l’ex celeste impero sia oggi il più grande finanziatore del debito pubblico americano (e non solo). Ma quali sono le conseguenze di questa situazione? Abbiamo rivolto la domanda a Pierpaolo Benigno, docente di Economia presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma. Valerio Baselli (VB): Negli ultimi anni la Cina si è contraddistinta per l’attività di finanziamento verso i paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, tanto da arrivare a possedere circa il 15% del suo debito pubblico. Quando è cominciato questo trend? Pierpaolo Benigno (PB): L’accumulazione di riserve da parte della Cina è iniziata attorno al 2000 e in maniera significativa dal 2003, come riflesso di un modello di crescita guidato dalle esportazioni. L’afflusso di capitali, come contropartita del saldo positivo della bilancia commerciale è stato abilmente “sterilizzato” portando all’ingente accumulo di riserve, senza che si alimentasse troppo la base monetaria. Questo modello di sviluppo è risultato congeniale e speculare a quello degli Stati Uniti che invece crescevano consumando al di sopra delle proprie possibilità, grazie al finanziamento proveniente dalla Cina stessa. VB: Questa situazione è sostenbibile? PB: Non è un modello che si può riproporre nel futuro. Innanzitutto, la crisi finanziaria sta profondamente cambiando le abitudini degli americani e ha già portato ad un processo di PB: L’Europa avrebbe potuto offrire una valuta di riserva solida e alternativa, ma ora che la crisi la colpisce in pieno ha un disperato bisogno di finanziamento per i suoi debiti sovrani e bussa alle porte dei cinesi. riduzione dei debiti privati. Per la Cina diventa sempre più necessario passare ad un modello di sviluppo centrato sui consumi interni e sulla produzione di servizi. Ma queste transizioni richiedono tempo. Nel frattempo il modello scricchiola. Sia la crisi americana che quella europea hanno suonato il campanello d’allarme per la Cina sulla solidità di un modello basato solo sulle esportazioni. D’altra parte il costo del lavoro si sta alzando e la Cina stessa inizia a delocalizzare. Inoltre è sempre più difficile mantenere il cambio sottovalutato senza creare pressioni inflazionistiche, che mettono a rischio la coesione sociale cinese. VB: Quali sono le conseguenze del fatto che la Cina sia un forte creditore degli Usa? PB: È un fattore di instabilità per entrambi i paesi. Per la Cina, perché senza una buona diversificazione delle proprie riserve, potrebbe andare incontro a forti perdite nel caso in cui il dollaro si svalutasse nei confronti del renminbi e la solvibilità americana cominciasse a pericolare. Per gli Usa, perché corrono il rischio che un cambio di portafoglio repentino di un creditore così importante possa creare problemi di finanziamento e una crisi di fiducia. C’è quindi un problema di dipendenza, sulla quale la Cina gioca in maniera strategica per mantenere il modello del passato e non rivalutare la propria moneta. VB: Qual è la posizione dell’Europa? Data l’incertezza sul futuro dell’euro, sarà difficile che la Cina si prenda il rischio di finanziare gli stati europei, se non con forti contropartite commerciali. VB: Circa un anno fa è scoppiata tra Cina e Usa la “guerra delle monete”. Come si è evoluta la situazione? PB: Per ridurre gli squilibri, gli Usa hanno bisogno di stimolare le esportazioni (dollaro debole). D’altra parte la Cina non è ancora pronta per abbandonare un modello basato sulle esportazioni e resiste ad apprezzare la valuta. Se le divise non si muovono nella giusta direzione, gli aggiustamenti si scaricano sui prezzi. Movimenti dei tassi di cambio sono quindi necessari per un aggiustamento, ma possono infliggere costi importanti per chi detiene debito. Un dollaro fortemente deprezzato potrebbe scatenare una crisi di fiducia anche sul debito americano. K Pierpaolo Benigno è docente di Economia presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma. È anche ricercatore associato per il Cepr (Centre for economic policy research), l’Eief (Einaudi institute for economics and finance) e il Nber (National bureau of economics research). In precedenza ha insegnato alla Columbia University e alla New York University. Le aree di interesse di Benigno sono in particolare la macroeconomia e l’economia monetaria. Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy Morningstar.it 21 http://www.Morningstar.it

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio 2012

Morningstar Investor Gennaio/Febbraio 2012
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L'Editoriale
Potenze a confronto
Gli Usa non fanno marcia indietro
La Cina ha molte carte da giocare
Cosa manca a Shanghai per essere Wall Street
Gli americano rivalutano il risparmio, i cinesi provano a ridurlo
Imprese di stato, è tempo di cambiare
Compro la Cina da Milano
5 domande a Pierpaolo Benigno (economista)
Rischio super-potenze, strategie di copertura
Cina e Usa: motori difettosi?
Analisi Morningstar
Usa e Cina negli Etf
ETF Analysis
Gli affari d'oro di New York a Pechino
Cina e Usa sono big anche nei fondi

Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio 2012

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