Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio 2012 - (Page 36)
ETF Analysis
iShares S&P 500
Di Alan Rambaldini - Aggiornato al 31 marzo 2011
E’ uno dei migliori strumenti per esporsi al mercato americano. Grazie a bassi costi ed elevata liquidità .
Profilo iShares S&P 500 è un Etf azionario adatto ad avere un ruolo core in portafoglio, indipendentemente da dove si trova l’investitore. E’ un’ottima opportunità per ottenere un’esposizione sul mercato azionario statunitense (il più grande al mondo e che rappresenta un terzo della capitalizzazione totale del mercato mondiale), dato che segue l’indice più ampiamente replicato sulla terra, l’S&P500. Alcune caratteristiche come un costo relativamente basso (rispetto ai fondi tradizionali) e una liquidità molto alta lo rendono una delle vie migliori per puntare sugli Stati Uniti. Nonostante sia composto maggiormente da società ad alta capitalizzazione, l’indice ha mostrato virtualmente una correlazione del 100% con l’Msci US Broad Market Index, che rappresenta più fedelmente il mercato azionario statunitense e che rappresenta il 99,5% della capitalizzazione dei titoli scambiati sul mercato Usa. Nel 2010, l’S&P 500 ha sottoperformato l’Msci US di circa il 2%, dal 13% al 15%. Questo Etf può inoltre essere utilizzato per finalità tattiche, per esempio come scommessa speculativa sul mercato azionario degli Stati Uniti o per coprire una posizione già esistente. L’elevata liquidità lo rende uno strumento ideale per fare operazioni a breve
termine che, in altro modo avrebbero costi di transazione più alti. Questo è vero soprattutto per gli investitori istituzionali che muovono rapidamente grosse somme di denaro e quindi cercano di minimizzare i costi. Dato l’elevato numero di imprese multinazionali, l’indice offre un’esposizione agli andamenti macroeconomici mondiali e non solo ai consumi interni degli Stati Uniti. Circa il 45% del fatturato dei titoli compresi nell’indice non proviene dagli Usa, per cui l’Etf fornisce un’ampia diversificazione geografica. Fondamentali Il decennio 2000-2010 è stato uno dei peggiori per l’S&P 500 dalle sue origini nel 1957. E’ iniziato con la bolla tecnologica e terminato con la crisi finanziaria. La performance aggregata (dal 2000 al 2009) è stata negativa per il 10%. Il risultato sarebbe stato peggiore se non ci fosse stato il rally del 2009. Nel 2010 l’indice ha continuato a crescere, aumentando del 14% in dollari. Alla data di stesura del report (31 marzo 2011) gli analisti finanziari di Morningstar credono che l’indice stia trattando a sconto rispetto al suo fair value stimato. L’indice, inoltre, sembra trattare a sconto anche sulla base della media sui 10 anni di alcuni parametri di valutazione come il rapporto prezzo/utili, il rapporto prezzo/valore
contabile, il rapporto prezzo/cash flow e il rapporto prezzo/vendite. Tuttavia questi valori dovrebbero essere considerati all’interno di un contesto più ampio. I profitti aziendali delle aziende che compongono l’S&P 500 sono vicini ai massimi storici in percentuale sul Pil (Prodotto interno lordo) per cui un’ulteriore espansione appare improbabile senza una crescita significativa dell’economia. In effetti un qualsiasi declino nei margini potrebbe essere accompagnato da una compressione del rapporto prezzo/utili. Mentre la valorizzazione dell’indice appare equa al momento, ci sono molti rischi nell’economia degli Stati Uniti che devono essere presi in considerazione. La crisi del 2007-2009 è ufficialmente terminata e la crescita del Pil è in ripresa. Il mercato immobiliare, il catalizzatore iniziale della crisi, è tuttora estremamente debole. I prezzi delle case hanno smesso di scendere rapidamente, ma i numeri delle vendite e delle costruzioni di abitazioni sono ancora molto deboli. Gli interventi governativi nel mercato sotto forma di sussidi per l’acquisto di case e rimodulazione dei mutui pare non abbiano incoraggiato un rimbalzo sostenibile nella domanda del mercato privato. Alla debolezza del settore immobiliare si è affiancata quella del mercato del lavoro. I tassi di disoccupazione sono cresciuti
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