Morningstar Investor - Novembre/Dicembre 2012 - (Page 26)

In Primo Piano Il caro prezzo dei terremoti Di Marco Caprotti Nel 2011, i disastri naturali sono costati 380 miliardi di dollari. In trent’anni, il numero di alluvioni e inondazioni è triplicato. Quando Madre Natura ha le paturnie sono guai grossi. Sia in termini di danni alle persone e alle cose, sia per quanto riguarda i calcoli dei rischi che gli investitori interessati ai mercati di frontiera devono effettuare. Un esempio recente di quanto sia costoso e difficile tenere in considerazione gli eventi naturali catastrofici si è avuto l’anno scorso. I numeri terribili Secondo i dati elaborati dalla società di riassicurazione Munich Re, nel 2011 a causa dei disastri naturali a livello mondiale sono stati registrati danni per 380 miliardi di dollari: oltre il doppio rispetto al 2010 e il 43% in più in confronto al record del 2005 (sono esclusi da questi conti i disastri causati da conflitti armati e le catastrofi umanitarie, come quelle che hanno colpito il corno d’Africa tra la fine del 2010 e settembre 2011, dove un numero imprecisato di persone è morto per fame, malattie e stenti). A questo primato hanno contribuito in modo fondamentale due terremoti: quello della Nuova Zelanda del 22 febbraio (magnitudo 6,3 della scala Richter) e quello del Giappone dell’11 marzo (magnitudo 9 della scala Richter). In generale, i fenomeni sismici hanno creato la maggior parte dei danni economici (61%) e delle perdite di vite umane (62%). I disastri legati agli eventi meteorologici estremi hanno invece prodotto minori danni rispetto ai cinque anni precedenti, grazie soprattutto a un numero molto ridotto di uragani atlantici. Le catastrofi naturali più rilevanti, con circa 27mila vittime, sono state 820: il 90% causate da eventi meteorologici estremi (frane, alluvioni, inondazioni, tempeste, cicloni tropicali e altro) e il restante 10% da eventi geofisici (terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche). Il resto dei danni è stato causato, invece, dalle inondazioni in Thailandia (agosto-novembre), dalle alluvioni in Pakistan (agosto-settembre), dai tornado negli Usa (22-28 aprile 2011) e da tutte le alluvioni che si sono abbattute sull’area del Mediterraneo e che hanno coinvolto anche l’Italia. Le elaborazioni su base geografica, evidenziano che i maggiori danni economici si sono verificati in America (35%) e in Asia (29%), mentre il maggior numero di morti si è avuto in Asia (85%). Il numero e la frequenza dei terremoti e degli altri fenomeni geofisici, pur con alcune oscillazioni, sembrano mantenersi quasi costanti sul lungo periodo, mentre gli eventi meteorologici estremi sono, viceversa, in aumento. I danni del clima Dal 1980 al 2010 il numero delle alluvioni e inondazioni gravi è triplicato, quasi raddoppiato invece quello delle tempeste violente (tifoni, uragani, cicloni tropicali). Si può quindi dire che l’aumento dei danni che si sta manifestando come tendenza di lungo periodo, è collegato ai cambiamenti climatici e in particolare all’aumento del numero e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi. Tutto questo, però, non basta a spiegare la violenza con cui si abbattono le calamità naturali. L’elemento mancante lo fornisce uno studio della London School of Economics che, dopo aver suddiviso i disastri per tipologia e per area geografica, ha evidenziato come, a parità di evento catastrofico, i danni su una determinata area sono tanto pesanti quanto maggiori sono il numero delle infrastrutture, il loro valore economico e la densità della popolazione. Ma, soprattutto, quanto minori sono le misure di prevenzione messe in atto. A questo proposito, una recente ricerca pubblicata sulla rivista Nature Climate Change spiega come sia possibile prevedere grandi catastrofi applicando modelli matematici e teorie statistiche allo studio delle piccole modificazioni ambientali giornaliere. Ricorrendo a tali modelli e teorie, dice Timothy Lenton, esperto di Scienze ambientali dell’Università di Exeter e autore della ricerca, è possibile individuare la soglia oltre la quale l’equilibrio ambientale può subire un cambiamento irreversibile, riconoscere se si è più o meno vicini ai valori limite e organizzare sistemi di allerta rapida, proprio come quelli che oggi esistono contro uragani e tsunami, o per prevedere l’arrivo di stagioni particolarmente aride. K Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy 26 Morningstar Investor Novembre / Dicembre 2012

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Novembre/Dicembre 2012

Morningstar Investor Novembre/Dicembre 2012
Attualità
Rubriche
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L'Editoriale
Chi sta sulla frontiera
Il numero magico è 1,2 miliardi
Acrobazie sulle dune africane
Medio oriente incompreso
La piccola frontiera europea
Chi bussa all'Asia emergente
Le mine vaganti
Il caro prezzo dei terremoti
Un'obbligazione contro le catastrofi
Se l'emigrante fa bene al Pil
Sviluppo oltre le etichette
Un pizzico di nuovo riduce il rischio
Borse, i big delle commodity vanno all'estero
Il fondo esploratore è giovane
Etf a confronto: Msci Corea
Gli strumenti Morningstar

Morningstar Investor - Novembre/Dicembre 2012

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