Morningstar Investor - Novembre/Dicembre 2012 - (Page 7)

L’Editoriale Uomini di frontiera Qualche tempo fa, in un’intervista hanno chiesto a Mark Mobius, il guru dei mercati emergenti, se fosse diventato un “uomo di frontiera”. In effetti, basta guardare il suo blog per vedere quante sue “avventure d’investimento” passino per l’Africa, il Pacifico, il sud America o l’Europa che sta emergendo dalle ceneri dell’ex Unione sovietica. Sono mercati piccoli, spesso illiquidi, afflitti da problemi di corruzione, rischi politici e disordini sociali, ma anche con tassi di espansione economica da fare impallidire l’occidente. Ad esempio, se gli Stati Uniti crescono a un tasso inferiore al 2%, la Nigeria marcia a ritmi del 7%. Mobius è convinto che queste aree abbiano un forte potenziale di sviluppo, ma non bisogna avere fretta di vedere i risultati. Parole che hanno il loro peso se si considera che il gestore di Franklin Templeton ha cominciato la sua carriera quando il Giappone era ancora considerato un emergente e Cina ed India Paesi di frontiera. Il sentiero è dunque tracciato? Per rispondere vengono in aiuto i dati demografici. Negli Stati Uniti e in Europa, la generazione dei baby boomer (nati dopo la seconda guerra mondiale) ha cominciato ad andare in pensione e oggi in Eurolandia ci sono quattro lavoratori ogni over 65. Secondo le stime, entro il 2060, il rapporto diventerà di 2 a 1. Anche i Bric (acronimo di Brasile, Russia, India e Cina) stanno invecchiando. Le Nazioni Unite prevedono che gli ultra-65enni aumenteranno del 46% di qui al 2020. Non è un caso che nell’ex celeste impero, la politica del figlio unico appare ormai al tramonto. Per contro, i Paesi di frontiera hanno generalmente una popolazione giovane e l’Africa ne è l’emblema. Fattori favorevoli allo sviluppo, come quello demografico, non sono, però, garanzia di successo. Come si legge nell’ultimo World development report della Banca mondiale, la povertà, che colpisce ancora duramente molte delle regioni di frontiera, crolla quando la gente ha un lavoro e quindi un reddito, che innesca un circolo virtuoso e allontana i conflitti sociali. Politiche di crescita economica non necessariamente portano a una riduzione della povertà. Ad esempio, Etiopia, Tanzania e Zambia hanno registrato incrementi del Prodotto interno lordo elevati negli ultimi anni, con piccoli cambiamenti nello stato di indigenza della gente. In altre parole, la crescita non crea necessariamente occupazione, servono politiche ad hoc, come quelle adottate nel 2010 dalla Corea, che si è posta un chiaro obiettivo per il 2020: l’incremento del tasso di impiego fino almeno al 70% della popolazione in età lavorativa. In questo numero, Morningstar Investor attraversa i mercati di frontiera, facendosi accompagnare da chi investe in queste aree, senza tralasciare i rischi geopolitici e ambientali e con un’attenzione particolare al ruolo delle rimesse degli emigranti nello sviluppo di questi Paesi, e a quello dei fondi sovrani. Il viaggio è affascinante; l’importante è portare con sé qualche antidoto contro i “mal di pancia” e i cambiamenti improvvisi di rotta. Sara Silano è direttore di Morningstar Investor Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor sara.silano@morningstar.com Morningstar.it 7 http://www.Morningstar.it

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Novembre/Dicembre 2012

Morningstar Investor Novembre/Dicembre 2012
Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
L'Editoriale
Chi sta sulla frontiera
Il numero magico è 1,2 miliardi
Acrobazie sulle dune africane
Medio oriente incompreso
La piccola frontiera europea
Chi bussa all'Asia emergente
Le mine vaganti
Il caro prezzo dei terremoti
Un'obbligazione contro le catastrofi
Se l'emigrante fa bene al Pil
Sviluppo oltre le etichette
Un pizzico di nuovo riduce il rischio
Borse, i big delle commodity vanno all'estero
Il fondo esploratore è giovane
Etf a confronto: Msci Corea
Gli strumenti Morningstar

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