Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio/Marzo 2013 - (Page 32)

Asset Allocation Il giusto market timing per il lungo periodo Di Marco Frittajon Il lancio di freccette di una scimmia bendata rimane un benchmark imbattuto, ma l’utilizzo di indicatori fondamentali può dare risultati migliori per gli investitori che non hanno fretta. La gestione di portafoglio comporta molta ricerca, metodo, operatività e – a volte – una certa intuizione. Delineati gli obiettivi di investimento, occorre poi implementare una strategia che permetta di raggiungere il target in modo efficiente e possibilmente contenendo i costi. Il tema del market timing, ovvero la capacità di entrare e uscire dal mercato in modo da ottenere un profitto ed evitare le perdite, è sempre al centro di controversie e dibattito. Ricordando che il Wall Street Journal, nel lontano 1988, lanciò la sfida ai gestori della Grande Mela sulla loro presunta capacità di fare gestione attiva, ad oggi rimane ancora un gioco senza vincitore. Il lancio delle freccette da parte della scimmia bendata, ovvero la scelta dei titoli in modo del tutto casuale e senza la minima attenzione ai cicli economici e alle valutazioni degli analisti, rimane un benchmark imbattuto. Fra i primi studi sull’utilizzo delle statistiche di sintesi dell’analisi fondamentale, le valutazioni di mercato e gli indici “sentiment” sulla percezione degli operatori economici troviamo i noti economisti Fisher e Statman (2006), i quali cercano di capire quali benefici ottiene l’investitore di lungo periodo nell’implementare una strategia di investimento basata sul priceto-earnings (PE), sul dividend yield (DY) e sul PE aggiustato per i cicli economici di lungo 32 Morningstar Investor Gennaio/Febbraio/Marzo 2013 periodo, ossia 10 anni (PE10). La strategia è semplice: quando i mercati sono sottovalutati, allora il portafoglio viene investito al 100% su azioni per sfruttare l’imminente ciclo in rialzo, quando invece i mercati sono sopravvalutati, allora il portafoglio è riposizionato su strumenti monetari per sfruttare il movimento al contrario nelle quotazioni dei titoli. Il confronto è fatto con la strategia passiva, buy-and-hold (B&H), che risulta sempre pienamente investita sull’azionario. L’idea quindi è che cavalcando il market timing, si dovrebbe poter battere questo benchmark. I risultati ex-post non sono sempre positivi. Il motivo è da identificare nella variabile su cui si basa la decisione di entrata. Quale ratio La decisione su quale ratio utilizzare per basare le proprie scelte di investimento è paragonabile alla scelta dell’analista tecnico su quale metodo empirico usare per interleggere le serie storiche dei prezzi dei titoli. Nell’analisi tecnica è dimostrato che non esiste un metodo in assoluto migliore di un altro, ma che esiste una ciclicità temporale della loro validità: l’indicatore che eccelle oggi, non andrà più bene domani. Sulla base di questa consapevolezza, si cerca di implementare algoritmi di selezione dei migliori indicatori da usare nell’operatività di ogni giorno. Anche il gestore fondamentale si trova a dover operare una scelta dei ratio che tenga conto della dinamica nel tempo fra tipo di attività economica e le sinergie settoriali e macroeconomiche. Fisher e Statman studiando il mercato azionario americano a partire dal 1871, trovano che la strategia B&H crea più valore di quelle basate sul PE e sul DY. Invece il PE10 è in grado di sovraperformare il benchmark. Esistono tuttavia delle considerazioni importanti da fare, come delinea Wade D. Pfau (2011) del National Graduate for Policy Studies di Tokyo. La prima è sul tipo di confronto delle strategie: confrontarle solo sul valore finale del portafoglio e non anche sul livello di volatilità non è corretto. La strategia B&H, completamente investita sull’azionario, è molto volatile. E’ da considerare fin troppo volatile per un investitore privato che è generalmente avverso al rischio. Le strategie market timing sono piuttosto da confrontare con un benchmark bilanciato moderato (50% azioni, 50% obbligazioni). La seconda è sul periodo di osservazione: è chiaro che lunghi cicli di mercato toro beneficiano i portafogli fortemente investiti sempre sull’equity. La terza è sulla modalità in cui si entra o si esce dal mercato: il “tutto o niente” è un approccio troppo semplicistico ed estremo, soprattutto se i livelli di soglia sono fissati sulle medie storiche di tutto il periodo a disposizione

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio/Marzo 2013

Morningstar Investor Gennaio/Febbraio/Marzo 2013
Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
L'Editoriale
L'analisi orientata al valore
Grattacapi per gli analisti
La ricerca ai tempi della globalizzazione
Il gestore attivo non segue la moda
Caro azionista, non buttarmi via
Il tecnico non parla come il fondamentale
Panico, nemico degli investitori
L'Oracolo studia e, a volte, si innamora
5 domande al professor Max Otte
Il giusto market timing per il lungo periodo
Un kit di ricerca per gli investitori
Corporate bond per dormire sonni tranquilli
I campioni non vincono in volata
Fondi, quando la medaglia è d'oro zecchino
Come valutare un Etf
Gli indici parlano Morningstar

Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio/Marzo 2013

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