Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio/Marzo 2013 - (Page 54)
Gli Strumenti Morningstar
Gli indici parlano Morningstar
Di Alice Bravi
Hanno una duplice funzione: essere una bussola per i gestori attivi
e indicare una strategia per i fondi passivi. La nuova frontiera “collar”.
L’offerta di indici di mercato sempre più
sofisticati cresce di pari passo con le necessità
degli investitori, con l’obiettivo di fornire loro
gli strumenti più adatti alle proprie esigenze
d’investimento. Questo non si esaurisce solo
nella nascita di indici in grado di concentrarsi
sulla valutazione dell’andamento di particolari
aree geografiche, sbizzarrendosi nella
creazione di acronimi adatti a individuarle
(Bric e Mena sono forse tra quelli maggiormente
utilizzati), o nello studio di settori
sempre più di nicchia, o di particolari strategie
d’investimento d’avanguardia, ma punta ad
andare in profondità, riflettendosi in uno
studio approfondito dei meccanismi alla base
della costruzione degli indici stessi.
L’impiego degli indici in ambito finanziario
riveste principalmente una duplice funzione:
da un lato sono rappresentativi di un
benchmark, cioè un indicatore di confronto
nella gestione attiva di portafoglio; mentre
dall’altro possono rappresentare la strategia
d’investimento per gli index fund, cioè
quei fondi comuni la cui strategia punta a
replicare il portafoglio di un indice di mercato.
Questo duplice aspetto ha reso determinante
l’individuazione di alcune caratteristiche
fondamentali della metodologia di costruzione
dell’indice in grado di meglio rispondere alle
differenti esigenze del mercato.
Proprio la scelta dei criteri che determi54
Morningstar Investor Gennaio/Febbraio/Marzo 2013
nano l’assegnazione del peso dei titoli che
compongono il portafoglio dell’indice è stata
negli ultimi anni oggetto di approfonditi studi,
in grado di mettere in luce pregi e difetti di
ciascuna metodologia.
Per riuscire in quest’intento Morningstar ha
individuato le determinanti su cui puntare non
solo per esaminare vantaggi e limiti di ciascun
approccio, ma anche per trovare nuovi spunti
per lo sviluppo di metodologie applicabili nella
costruzione degli indici. Si tratta di alcune
chiavi di lettura comuni alle più diffuse
tecniche di costruzione degli indici, siano essi
Equally weighted, Market cap, Total dividend,
o indici frutto di metodologie basate sui meccanismi
dell’analisi fondamentale.
Primo requisito, rappresentatività
Uno dei requisiti per l’efficacia del benchmark
è dato dalla rappresentatività dell’universo
investibile, cioè dalla possibilità di racchiudere
nel proprio portafoglio tutti i titoli che
il manager o l’investitore potrebbe selezionare
in base alla propria strategia d’investimento.
La metodologia che maggiormente garantisce
tale requisito è quella legata alla costruzione
degli indici Equally weighted, che prevedendo
l’assegnazione dello stesso peso a tutti i titoli
del paniere, assicurano un elevato grado di
copertura dell’universo di riferimento.
L’assegnazione di un uguale livello di visibilità
a tutti i titoli, se da un lato si traduce in una
maggiore semplicità di lettura dei criteri di
costruzione dell’indice, dall’altro può costituire
un limite all’efficacia della rappresentatività
dell’universo investibile, assegnando maggior
evidenza ai titoli a bassa capitalizzazione e
minore a quelli a grande capitalizzazione, al
contrario di quanto accade sul mercato.
A superare questo limite hanno provveduto gli
indici Market cap i quali ponderano il peso del
titolo all’interno dell’indice proprio sulla base
della capitalizzazione, rendendo più diretta la
rappresentazione del rendimento come performance
aggregata sperimentata dalla totalità
degli investitori presenti sul mercato.
Scalabilità dell’indice
Oltre alle diffuse metodologie di costruzione
basate sulla capitalizzazione di mercato,
l’industria degli indici ha reso disponibili altri
criteri di ponderazione che si propongono
di fornire una rappresentazione del mercato
in linea con gli obiettivi e le strategie
dell’investitore.
Ne sono un esempio gli indici Total dividend,
i quali utilizzano come criterio di ponderazione
l’ammontare dei dividendi distribuiti
nell’intento di porsi nell’ottica di quegli investitori
che meno si focalizzano sulla variazione
del prezzo dei titoli azionari e che concentrano
la propria attenzione sulla remunerazione
Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio/Marzo 2013
Morningstar Investor Gennaio/Febbraio/Marzo 2013
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La ricerca ai tempi della globalizzazione
Il gestore attivo non segue la moda
Caro azionista, non buttarmi via
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L'Oracolo studia e, a volte, si innamora
5 domande al professor Max Otte
Il giusto market timing per il lungo periodo
Un kit di ricerca per gli investitori
Corporate bond per dormire sonni tranquilli
I campioni non vincono in volata
Fondi, quando la medaglia è d'oro zecchino
Come valutare un Etf
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