Morningstar Investor - Aprile/Maggio/Giugno 2013 - (Page 7)
L’Editoriale
Il fattore P ha perso la faccia
Sara Silano
è direttore di
Morningstar Investor
La crisi del debito ha portato il rischio politico
in Europa e scardinato i parametri di valutazione utilizzati da investitori e imprenditori. In
passato, questo fattore era usato in modo
quasi esclusivo per i paesi emergenti. Si
metteva in conto che l’esposizione a queste
aree richiedesse un “premio” rispetto alle
regioni sviluppate per essere ripagati dal
rischio di possibili perdite legate a disordini,
interventi legislativi sfavorevoli o espropri. Gli
indicatori più usati erano quelli basati sulla
solvibilità di uno stato, come lo spread
rispetto ai titoli governativi più sicuri (ad
esempio il Bund tedesco) o i Credit default
swap (Cds), che sono strumenti che trasferiscono il rischio di credito.
Essendo cambiata la mappa geografica del
rischio, queste misure sono oggi inadeguate.
Lo spread tra il Btp italiano e il Bund si è
allargato negli ultimi anni, ma non per questo
si può dire che sia necessario un “premio”
simile a quello che serve per investire in azioni
di un paese emergente, dal momento che
l’Italia è all’interno dell’Eurozona ed è
soggetta ai suoi vincoli e alle sue regole. Per
contro, i differenziali sul debito sovrano di
alcuni stati in via di sviluppo con forti riserve
valutarie estere appaiono sorprendentemente
bassi se si guarda al fattore “politico”;
tuttavia l’investimento in Borsa è assai più
rischioso. Questi indicatori, dunque, funzionano bene se il rischio politico e il debito
sovrano sono molto correlati; meno negli altri
casi. Soprattutto, valgono per il reddito fisso,
ma non sono sufficienti per valutare
l’investimento azionario. Per quest’ultimo
un’alternativa è un modello basato sui
dividendi attesi, che sconta il rischio specifico
di mercato. Gli scenari post-crisi del debito
europeo sono resi ancora più complessi dal
“rischio di contagio”. Siccome i mercati
sono fortemente interdipendenti, quello che
succede in un paese influenza non solo la
Borsa domestica, ma a cascata anche le altre.
Di conseguenza, la diversificazione geografica
può non essere sufficiente a garantire una
minor volatilità complessiva del portafoglio.
In questo numero di Morningstar Investor
abbiamo ridisegnato la mappa del rischio
politico alla luce delle trasformazioni degli
ultimi decenni. Un focus particolare è stato
riservato all’Italia, alla Germania e agli Stati
Uniti, che sono stati o saranno interessati da
tornate elettorali. Abbiamo ripercorso la
storia economica e finanziaria degli ultimi
cinquant’anni, combinandola con quella
politica. Ogni paese fa storia a sé, ma in tutti
e tre i casi emerge come le elezioni possano
generare volatilità nel breve, successivamente
conta la capacità dei governi di portare avanti
i programmi e le riforme.
Al di là delle formule matematiche e degli
scenari macro, il rischio politico si è insinuato
nei portafogli degli investitori, anche dei più
prudenti. Come spiega Dario Portioli, CFA,
analista di Morningstar, i fondi governativi in
euro un tempo erano un parcheggio sicuro per
i propri risparmi, dal momento che il principale
rischio era rappresentato dalle variazioni dei
tassi di interesse. Oggi, invece, la principale
incognita è rappresentata dalla capacità dei
governi di ripagare l’enorme montagna di
debiti. Il mare quieto dei Btp e dei suoi cugini
esteri è ora diventato tempestoso.
Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor
sara.silano@morningstar.com
Morningstar.it
7
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