Morningstar Investor - Luglio/Agosto/Settembre 2013 - (Page 22)

In Primo Piano Un futuro a tutto gas Di Valerio Baselli Le nuove tecniche di perforazione dello shale gas (molto sfruttato negli Usa e meno inquinante di petrolio e carbone) offrono buone opportunità per il futuro, ma non sono esenti dalle critiche. Lo chiamano shale gas, tradotto anche in gas di scisto. Se da un lato rappresenta la nuova speranza per l’approvvigionamento energetico del prossimo futuro, dall’altro preoccupa non poco gli ambientalisti. Una cosa è certa: il gas naturale è la fonte più pulita tra quelle fossili, a minor impatto locale e globale. La sua combustione produce circa la metà dell’anidride carbonica e degli ossidi di azoto prodotti da petrolio e carbone. Che cos’è lo shale gas Si tratta di gas metano non convenzionale prodotto in un giacimento roccioso. Con il termine “non convenzionale” si fa generalmente riferimento a gas che fino a poco tempo fa era difficilmente sfruttabile, perché tecnologicamente complicato o eccessivamente costoso estrarlo. Lo shale gas, tra le più promettenti fonti non convenzionali, si trova intrappolato in accumuli di rocce argillose a profondità comprese tra duemila e quattromila metri. Negli Stati Uniti lo shale gas è prodotto da oltre trent’anni, ma in realtà il fenomeno del gas non convenzionale ha assunto grande rilievo e popolarità soltanto in anni recenti. Durante il decennio 2000-2010 la produzione di shale gas negli Usa è passata da dieci a 140 miliardi di metri cubi (per confronto, in Italia si consumano poco più di 80 miliardi di metri cubi all’anno), soddisfacendo da sola circa il 23% 22 Morningstar Investor Luglio / Agosto / Settembre 2013 del fabbisogno di gas naturale annuale degli Stati Uniti. Oltre che negli Usa, importanti risorse di shale gas si trovano in Canada, Sud Africa e Asia (soprattutto Cina, uno dei paesi più affamati di energia), anche se le produzioni in queste aree sono in fase embrionale. Anche l’Europa può contare su giacimenti di gas non convenzionale. Nel Vecchio continente, tuttavia, lo shale gas non ha ancora conosciuto lo sviluppo registrato negli Usa per diversi fattori, tra cui l’alta densità abitativa e forse un’attenzione maggiore al principio di precauzione. Polonia e Ucraina sono i paesi che ci stanno puntando di più, ma ultimamente anche la Gran Bretagna e la Francia stanno mettendo a punto dei piani di sfruttamento. In Germania è in corso un dibattito molto intenso. Lo sfruttamento dello shale gas, infatti, non è esente da punti critici. Una tecnica di produzione criticata Al centro delle critiche c’è il modo in cui viene estratto, ovvero quella tecnica di produzione denominata in inglese fracking (fratturazione idraulica), che prevede l’iniezione nel giacimento di un fluido alta pressione. Tale operazione permette di creare nuove micro fratture nella roccia e di mettere in connessione quelle preesistenti, creando una via di fuga per il gas verso il pozzo. La principale preoccupazione riguarda il rischio di inquina- mento delle falde acquifere. “In realtà i giacimenti si trovano molto al di sotto delle falde acquifere utilizzate dall’uomo e anche il potenziale rischio di perdite nelle porzioni più superficiali dei pozzi è improbabile poiché i pozzi sono completamente rivestiti di cemento”, si legge in uno studio di Eni. Stati Uniti pronti a esportare L’amministrazione Obama ha recentemente autorizzato l’esportazione di gas naturale. Scelta non scontata, visto il dibattito sull’opportunità o meno di condividere con altri paesi il vantaggio competitivo derivante dalla disponibilità di gas a basso costo, estratto da giacimenti non convenzionali. “Ci sono ancora molti ostacoli da superare prima che la produzione di shale gas diventi globale”, afferma in una nota Hugo Scott-Gall, resposabile della ricerca tematica di Goldman Sachs. “Nel frattempo gli Usa avranno un vantaggio enorme nel mercato globale, visto che gli altri paesi saranno costretti a comprare gas da loro negli anni a venire”. K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Luglio/Agosto/Settembre 2013

Morningstar Investor - Luglio/Agosto/Settembre 2013
Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
L'Editoriale
Un po' di energia in portafoglio
Lunga vita agli arabi. E al loro "oro"
La crisi fa diventare alternativi
La politica inquina il greggio
L'Asia va a caccia di energie
Una misura dello sviluppo sostenibile
Un futuro a tutto gas
Quella pannocchia sembra un barile
L'energia bianca illumina l'Italia
Il rinnovabile si fa a norma
Cinque domande a Michael Bret (Axa Im)
La volatilità del mercato dell'energia
La Borsa pesca nei pozzi petroliferi
Fondi azionari energia, poche medaglie
Fund analysis
Etf a confronto: Global clean energy
Rinnovabili, una categoria (troppo) magra

Morningstar Investor - Luglio/Agosto/Settembre 2013

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