Morningstar Investor - Luglio/Agosto/Settembre 2013 - (Page 23)
In Primo Piano
Quella pannocchia sembra un barile
Di Marco Caprotti
Le scelte americane sui carburanti puliti estratti da alcune materie prime
alimentari mandano alle stelle i prezzi delle granaglie.
Negli ultimi 10 anni i prezzi del mais sono
cresciuti del 181%, quelli della soia del 195%
e quelli del frumento dell’88%. Nello stesso
periodo l’indice International Monetary Fund
Food Price è salito del 134%. La vulgata
dice che queste impennate sono dovute alla
crescente richiesta dei paesi emergenti come
la Cina. In realtà ci sono motivazioni anche
in Occidente. La più importante è chiamata
Renewable Fuel Standrd (Rfs), un programma
federale americano introdotto dal congresso
Usa nel 2005 che obbliga l’inserimento di una
parte di energie pulite (derivate dai prodotti
agricoli) all’interno dei carburanti.
Da allora l’Rfs è diventato uno dei fattori in
grado di condizionare la domanda (e dei prezzi)
di molte commodity alimentari. Tanto che
l’Onu ha chiesto a Washington un ammorbidimento del provvedimento per dare una
raffreddata ai prezzi del cibo.
Non a caso il Palazzo di vetro ha puntato il dito
proprio contro gli Stati Uniti. Gli Usa sono il
maggior produttore agricolo del mondo. Secondo il dipartimento americano dell’agricoltura,
ogni tre acri di terreno, uno era destinato a
piantagioni i cui frutti venivano poi venduti
all’estero. Ma dall’introduzione dell’Rfs le
cose sono cambiate. A fare la differenza è
stato l’etanolo, un carburante a base di alcol
estratto da piante che contengono zucchero
(canna da zucchero in Brasile, grano negli Usa).
Gli Usa fanno il prezzo
Il fatto che gli Usa restino anche il maggior
esportatore di prodotti agricoli significa che
le scelte fatte a Washington hanno impatto
all’estero: negli Usa il cibo rappresenta circa il
14% del paniere dei consumi mentre per molti
paesi emergenti rappresenta il 50%. “Di solito
si dice che la crescita della classe media in
Cina (a cui si associa il cambiamento di alcuni
consumi alimentari), sia un fattore importante
nella vendita di prodotti agricoli americani”,
spiega uno studio firmato da Peter Nielsen,
analista della società di consulenza Saturna
Capital Corporation. “Tuttavia il colosso emergente, per quanto riguarda i beni di consumo
di prima necessità è autosufficiente.
Per soddisfare i suoi bisogni è diventato il
maggior importatore mondiale di fertilizzanti
a base di potassio. Tanto che le società petrolifere cinesi, quando vanno all’estero a caccia
di acquisizioni, cercano anche questo tipo di
asset. Una strategia che funziona. Fra il 2000
e il 2007, quando i prezzi dei prodotti agricoli
sono cresciuti rapidamente, la Cina ha importato meno che negli otto anni precedenti”.
L’aumento dei prezzi del cibo legato ai
mercati emergenti, quindi, sembra solo
una parte della verità. A oggi gli Stati Uniti
forniscono il 60% dell’etanolo utilizzato a
livello globale. Uno sviluppo che pesa anche
sulle tasche delle famiglie yankee. Secondo
uno studio dell’Enviromental Working Group
(un’associazione non governativa di ricerca su
temi ambientali) fra il 2005 e il 2009 il governo
federale ha dato incentivi ai contadini per
riconvertire i campi a prodotti da cui estrarre
etanolo per un totale di 17 miliardi di dollari.
Una cifra che, fra due anni, potrebbe toccare
i 54 miliardi. “Ma, a parte le tasse, il costo
economico, in termini di qualità di vita, è stato
molto forte”, dice lo studio. “Prima del 1994 il
prezzo del cibo aveva una minima correlazione
con quello dell’energia. Il collegamento è
diventato più stretto con il crescere dei sussidi
statali. Le commodity agricole oggi hanno una
volatilità simile a quella del petrolio”.
Le scelte implicite nell’Rfs hanno effetto anche su altri prodotti della terra. Sono sempre
di più gli agricoltori che decidono di abbandonare la produzione di determinate colture
per dedicarsi al mais e ottenere così i sussidi.
Nel 2007 questa coltura è aumentata del 23%
a spese soprattutto della soia che, contemporaneamente, ha aumentato il suo valore
del 75%. Ci sono poi altri effetti a cascata,
come la crescita del prezzo dei fertilizzati, dei
prodotti chimici e del consumo di petrolio per
trasportare tutto questo. Una situazione del
genere era inevitabile che creasse critiche, sia
per il costo in tasse aggiuntive che produce,
sia per gli effetti sulle nazioni più povere. K
Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy.
Morningstar.it 23
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Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
L'Editoriale
Un po' di energia in portafoglio
Lunga vita agli arabi. E al loro "oro"
La crisi fa diventare alternativi
La politica inquina il greggio
L'Asia va a caccia di energie
Una misura dello sviluppo sostenibile
Un futuro a tutto gas
Quella pannocchia sembra un barile
L'energia bianca illumina l'Italia
Il rinnovabile si fa a norma
Cinque domande a Michael Bret (Axa Im)
La volatilità del mercato dell'energia
La Borsa pesca nei pozzi petroliferi
Fondi azionari energia, poche medaglie
Fund analysis
Etf a confronto: Global clean energy
Rinnovabili, una categoria (troppo) magra
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