Morningstar Investor - Ottobre/Novembre/Dicembre 2013 - (Page 24)
In Primo Piano
La Csr che fa gola agli investitori
Di Marco Caprotti
Sempre più aziende informano sulle loro attività sociali. Spesso, crescenti risorse
destinate a queste finalità sono lette come un segnale di salute dell'impresa.
"L'azienda ha una responsabilità sociale e una
soltanto: utilizzare le sue risorse e impegnarsi in
attività destinate ad incrementare i
suoi profitti. Sempre nel rispetto delle regole
del gioco". Il concetto di Corporate social
responsability (Csr) ne ha fatta di strada da
quando l'economista Milton Friedman nel 1970
ne dava questa definizione. La moderna scienza
dell'investimento socialmente responsabile dice
che questo tipo di impegno accresce le
performance di un'azienda permettendogli di
aumentare i profitti grazie a un miglioramento
della propria reputazione e a una maggiore
produttività da parte degli impiegati.
Le origini
I semi di questa evoluzione sono stati piantati
nel 1984 quando Milton Moskowitz e Robert
Levering hanno pubblicato il primo rapporto
sulle 100 aziende americane per cui è bello
lavorare (The 100 best companies to work for
in America) nel quale venivano sottolineate le
migliori pratiche di gestione etica.
La lista è stata compilata senza tenere conto
della performance finanziaria, ma ha spinto
molti operatori a domandarsi se fra etica e
successo ci potesse essere un legame. Uno
studio condotto nel 2009 dalla Wharton School
dell'Università della Pennsylvania, intitolato
Does the stock market fully value intangible?
Employee satisfaction and equity prices (Il
mercato azionario valorizza pienamente gli
asset intangibili? La soddisfazione degli
impiegati e i prezzi delle azioni), basato
sull'analisi delle aziende che sono entrate
nella lista delle 100 best companies dal 1984
al 2005, è arrivato alla conclusione che
"queste società fanno soprese positive al
mercato (in termini di guadagni) più spesso
delle altre".
Il collasso dei junk
Un altro punto a favore della moderna teoria
delle pratiche socialmente responsabili è stato
segnato all'inizio del 1990 con il collasso del
mercato dei junk bond legato alla facilità con
cui aziende piccole e malmesse riuscivano
comunque a ottenere finanziamenti con cui
si lanciavano in acquisizioni di gruppi più
grandi per poi trascinare tutti nel baratro. Per
molti è stata una ennesima prova che le
pratiche poco etiche vanno di pari passi con
performance deludenti.
Non solo donazioni
A dispetto delle teorie di Friedman, secondo
cui la Csr toglie valore agli azionisti, sono
sempre di più le società che danno informazioni sulle loro attività sociali ai mercati. Nel
2011 il 57% delle aziende raccolte nel Fortune
500 ha dato, insieme ai bilanci, informazioni di
questo tipo (il 20% in più rispetto all'anno
precedente). Di solito le aziende fanno
investimenti socialmente responsabili in due
forme. Una è quella delle donazioni (a un ente
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caritatevole piuttosto che a un'associazione
culturale), senza aspettarsi nessun ritorno in
cambio. Un altro sistema è quello di sostenere
apertamente una causa (come ad esempio la
salvaguardia dell'ambiente) guadagnandoci in
qualche modo. Anche solo in termini di una
maggiore reputazione.
Test di Borsa
Mettendosi al servizio di una causa sociale,
quindi, l'azienda spera di migliorare la propria
immagine, di aumentare i ricavi e, magari,
ridurre i costi. Soprattutto se gli impiegati
sposano anche loro la causa e accettano dei
tagli ai loro benefit. Ma è una strategia
di successo per i bilanci delle aziende e per
gli investitori?
"I risultati delle nostre ricerche dicono che le
azioni di Csr hanno un impatto sui bilanci
societari e sulla percezione dei mercati che si
riflette anche nei corsi di Borsa", spiega uno
studio firmato da Thomas Lys, James
Naughton e Clare Wang della Kellogg School
of management della Northwestern University.
Lo studio è stato condotto analizzando il
database di Thomson Reuters chiamato
Asset4 che fornisce informazioni complete
sulle attività di Csr delle aziende quotate
sull'indice Russel 1000 (dove sono raccolte le
aziende americane quotate che hanno una
capitalizzazione media di 81 miliardi di dollari).
La banca dati Asset4 valuta le società
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Morningstar Investor Ottobre/Novembre/Dicembre 2013
Attualità
Rubriche
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