Morningstar Investor - Ottobre/Novembre/Dicembre 2013 - (Page 26)
In Primo Piano
Non si può essere green solo a parole
Di Francesco Lavecchia
I consumatori sono sensibili alle tematiche sociali, ma poco propensi a informarsi.
Ecco quali sono i consigli degli esperti per non cadere in trappola.
Responsabili sì, ma non per vocazione. Le
aziende che promuovono attività di responsabilità sociale (Csr) sono in costante aumento,
come in crescita è anche il capitale da esse
investito. Le attività da loro finanziate vanno
dalla tutela dei dipendenti, alla istituzione di
fondazioni, piuttosto che il sostegno di progetti
di organizzazioni non governative (Ong) o
alla promozione di attività a favore della
comunità locale.
Il fine, però, è per tutte uno solo: aumentare i
profitti. Tutte le iniziative volte alla tutela dei
diritti umani, alla salvaguardia dell'ambiente,
alla tutela del personale e del contesto sociale
circostante contribuiscono a migliorare la
reputazione delle società. Una variabile,
questa, che è in grado di influenzare pesantemente le scelte di acquisto.
Quanto vale il buon nome
Numerosi studi hanno dimostrato come i
consumatori, nonostante non siano in generale
disposti a pagare un prezzo più elevato per un
prodotto "clean", ovvero a basso impatto
ambientale, si lascino condizionare nei loro
acquisti dal buon nome delle aziende.
Questa, poi, non funziona solamente come
traino per le vendite, ma anche come
paracadute in caso di eventi negativi (sia che
si tratti di scandali legati alla corporate
governance delle società, sia che riguardino
incidenti sui siti di produzione o il ritiro di
prodotti dal mercato), o come strumento per
differenziarsi dai competitor e anche per
godere di benefici fiscali.
I numeri in Italia
Il Csr è un fenomeno globale, che non riguarda
solo le grandi multinazionali che investono
ogni anno milioni di dollari. Il V Rapporto
nazionale sull'impegno sociale mostra come in
Italia l'investimento medio delle aziende del
Belpaese sia cresciuto da 110mila a 224mila
euro dal 2001 al 2012, e questo nonostante la
crisi economica abbia decimato la piccola e
media impresa italiana. Anche nel nostro
paese le preferenze vanno a iniziative di
solidarietà sociale e ad iniziative a favore
dei dipendenti.
Danni di immagine
La tendenza delle società a investire in attività
socialmente responsabili è nata dalla
necessità di riparare ai danni d'immagine
prodotti dagli scandali che negli anni '90
avevano coinvolto numerose corporation
americane. Società come Coca-Cola, Nike,
McDonald's, dalla fine degli anni '80, avevano
iniziato a pensare diversamente al modo di
approcciare i consumatori: l'apertura dei
mercati globali aveva creato l'esigenza di
attrarre i consumatori da ogni parte del mondo,
ma per fare questo le aziende avrebbero
dovuto cambiare le loro strategie di marketing.
26 Morningstar Investor Ottobre / Novembre / Dicembre 2013
Fu così che iniziarono a pensare diversamente,
cercando di vendere idee e stili di vita,
piuttosto che beni e servizi. Per far questo,
però, furono costrette ad aumentare in
maniera considerevole il loro investimento in
marketing e di conseguenza a spostare
i propri centri produttivi dove la manodopera
era più conveniente.
Questa strategia aveva funzionato (e per certi
versi continua a funzionare tutt'ora) fino a
quando l'avvento di Internet non ha abbattuto
le distanze, rendendo l'informazione facile e
accessibile a una platea globale. Grazie a
questo strumento è stato possibile conoscere
le condizioni lavorative nelle fabbriche dei
fornitori delle aziende occidentali in Cina,
Bangladesh eTaiwan, o di testimoniare i
disastri ambientali dei grandi gruppi petroliferi
in Africa.
Nike ha rivendicato per molto tempo la sua
estraneità ai fatti, sostenendo l'impossibilità di
controllare la rete di fornitori, fino a quando
l'attivismo di gruppi universitari negli Usa le ha
fatto perdere contratti milionari con diversi
college americani. Mentre la compagnia
petrolifera Shell ha dovuto affrontare
l'opposizione delle popolazioni indigene del
delta del Niger, le quali hanno subito i disastri
ambientali prodotti dall'attività di estrazione di
greggio ma che non hanno beneficiato in alcun
modo dei vantaggi di questa attività economica.
Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Ottobre/Novembre/Dicembre 2013
Morningstar Investor Ottobre/Novembre/Dicembre 2013
Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
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Alla ricerca di una finanza "responsabile"
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Chi c'è nei portafogli azionari etici
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